di Ermanno Olmi — Italia, 1978, 185 min.
Con Contadini e gente della campagna bergamasca.
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Trama
Campagna del bergamasco, fine Ottocento. La vita quotidiana dei contadini e della natura che li circonda si esprime attraverso il lirismo magico della semplicità. David 1979 per il Miglior Film, Palma d'oro e Premio della Giuria Ecumenica al Festival di Cannes 1978.
Recensione
Secondo l’illustre critico Morando Morandini, L’albero degli zoccoli “è il più grande film italiano degli anni Settanta, e l’unico, forse, in cui si ritrovano i grandi temi virgiliani: labor, pietas, fatum”. Malgrado la giuria cannense, presieduta da Alan J. Pakula, gli abbia assegnato il massimo alloro all’unanimità, il capolavoro olmiano suscitò polemiche e divisioni. Spiega Olmi: “Il padrone, allora, era padrone in senso assoluto. Mia nonna mi raccontò l’episodio del furto dell’albero, capitò esattamente nella cascina dove lei era bambina, a Treviglio. Erano tutti racconti che avevo udito da mia nonna, ma anche dalle persone che partecipavano ai filò [lavori di gruppo eseguiti la sera], le chiacchiere o di stalla o di sottoportico, racconti dove ognuno doveva trovare la propria morale e quindi elaborare la propria cultura”. Rispettando alla lettera le memorie famigliari, e rifacendosi inoltre alle emozioni suscitate dalla lettura in giovane età dei Promessi sposi di Alessandro Manzoni, Olmi ha ricreato minuziosamente esteriorità e interiorità d’un universo scomparso. Il lavoro straordinario di questo one-man-band, che controlla luci, costumi, intonazioni, rumori, macchina da presa, natura e tutto quanto il resto, è stato documentato giorno per giorno sul set da Lella Lugli, la sua assistente.